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04 dicembre 2011

2012 annus horribilis per treni e bus i tagli paralizzano il trasporto pubblico

I tagli rischiano di fermare treni e pullman in tutta Italia. Il 2012 rischia di trasformarsi in un incubo per chiunque leghi la propria vita a un mezzo pubblico. Netta diminuzione delle risorse: -75%.

Da mesi gli esperti di mobilità si rompono la testa alla ricerca di una soluzione, ma per quanto facciano alla fine il risultato è sempre lo stesso: per chiunque leghi la propria vita a un mezzo pubblico, il 2012 rischia di trasformarsi in un inferno, con conseguenze pesantissime sulla vita di milioni di persone. Gli scenari che in queste ore si disegnano sono a dir poco preoccupanti: l'ultima finanziaria del governo Berlusconi ha ulteriormente tagliato i finanziamenti al trasporto pubblico locale mettendo così definitivamente in ginocchio un settore già in difficoltà. Collegamenti urbani, treni regionali indispensabili per i pendolari, pullman, tutto rischia di fermarsi per mancanza di soldi a partire dai primi mesi del 2012 se i bilanci degli enti locali saranno chiusi senza che i finanziamenti siano stati rimpolpati a sufficienza. «Un'emergenza nazionale», ha ripetuto venerdì il presidente della conferenza delle Regioni Vasco Errani, che oggi incontrerà il premier Mario Monti a cui spiegherà, ancora una volta, la necessità di tornare a finanziare in maniera adeguata un settore per il quale diventa obiettivamente difficile continuare a operare.

Per il prossimo anno il trasporto pubblico potrà disporre infatti di appena 400 milioni di euro invece dei 1.600 su cui ha potuto contare fino a oggi. Un taglio secco del 75% delle risorse le cui conseguenze si possono immaginare: stando ad alcune previsioni i pendolari rischiano di perdere due treni su tre, con una pesante riduzione anche del trasporto su gomma. In mancanza di un intervento da parte dello Stato, alle Regioni resterebbero quindi solo due strade: aumentare il prezzo del biglietto del 75% - ipotesi improponibile - o alzare le accise sulla benzina. In ogni caso a pagare saranno i cittafini. Altrimenti si rischia la paralisi di intere aree della penisola, insieme a drastici tagli occupazionali. «Si determinerà un esubero di migliaia di dipendenti del comparto» avvertono non a caso le Regioni, che denunciano anche altre possibili conseguenze della manovra: «impatto rilevantisimo sul sistema economico, sulla congestione e l'inquinamento, oltre a un impatto significativo sull'indotto (materiale rotabile, manutenzione, ecc)». A questo va aggiunta - e non è da sottovalutare - la possibile svalutazione di tutte quelle aree fino a oggi servite da un treno e o un pullman e che da domani potrebbero non esserlo più.

Per capire cosa potrebbe accadere in futuro, sarà bene vedere qual è la situazione attuale. Prendiamo come esempio i treni. Fino a oggi nelle 15 regioni a statuto ordinario Trenitalia ha garantito un servizio forte di oltre tre milioni di corse, pari a 168 milioni di chilometri e per un totale di circa 600 milioni di passeggeri l'anno. Un servizio pagato principalmente grazie a due voci: 1.181 milioni di euro frutto dei cosiddetti «trasferimenti Bassanini» dallo Stato alle Regioni, ai quali si aggiungono altri 430 milioni annui riconosciuti direttamente a Trenitalia sempre dallo Stato.

Finanziamenti che non esistono più dopo la manovra di Ferragosto al punto che per il 2012 le Regioni al momento possono contare a malapena su 400 milioni di euro. Con i quali, è chiaro, c'è poco da stare allegri.

«Il rischio di una paralisi del trasporto pubblico è molto più che una semplice possibilità» avverte Corrado Cavanna, segretario regionale della Filt-Cgil Liguria. Per la regione si è passati dai 72 milioni di euro del 2010 a 22,3 milioni per il 2012 il che, secondo il sindacato, comporterà una diminuzione del numero di treni regionali che potrebbero passare dagli attuali 253 al giorno ad appena 69. «Abbiamo calcolato che questo significherà anche una riduzione del personale di Trenitalia», prosegue Cavanna. «Attualmente i dipendenti sono 4300-4.400 e gli esuberi potrebbero essere pari al 10%, vale a dire 430. Per quanto riguarda i passeggeri invece, si scenderebbe dai 145 mila al giorno di oggi, a non più di 35-40 mila. Gli altri 100 mila in teoria potrebbero riversarsi sul trasporto su gomma, se solo ci fosse».

Qui infatti si apre un altro capitolo dolente. I tagli non risparmiano neanche le aziende pubbliche che garantiscono i collegamenti con i pullman e che vedono i finanziamenti regionali scendere da 113 milioni a 99. «Con questi soldi - prosegue ancora Cavanna - delle cinque aziende pubbliche della Liguria ne sopravviverebbe solo una. Le altre sarebbero costrette a chiedere la liquidazione coatta amministrativa».
La situazione si annuncia pesante anche in Campania dove la finanziaria del 2010 ha già comportato un taglio di 102 treni regionali sui complessivi 800 mentre, salvo sorprese dell'ultimo minuto, a partire dal prossimo 15 dicembre, secondo la Filt-Cgil, potrebbero essere tagliati due treni regionali su tre.

Non è scontato però che a pagare saranno soprattutto i pendolari. «Probabilmente verranno tagliate le reti di trasporto nelle cosiddette fasce di morbida, che sarebbero 9-12 e 15-17 e poi dopo le 19, quando non ci sono studenti né lavoratori che rientrano a casa», spiega Stefano Maggi, esperto di trasporti e docente di Storia contemporanea presso l'Università di Pisa. «E' un problema anche questo perché ormai la mobilità è più che altro saltuaria, con persone che si muovono in orari diversi per tempo libero, per raggiungere un ospedale o per spostarsi in un'altra città. Normali esigenze di vita. Se queste persone non avranno più un treno o un pullman, saranno costrette a usare la macchina. Chi potrà farlo, perché non è detto che tutti ne abbiano la possibilità».

Allarmate per come le loro vite potrebbero essere stravolte, nei mesi scorsi 26 associazioni di pendolari hanno scritto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiedendogli di intervenire fermando i tagli. «Attuare una simile misura impedirebbe da un lato a centinaia di migliaia di studenti e lavoratori di muoversi, e dall'altro provocherebbe il caos, perché farebbe aumentare il traffico e la congestione delle nostre strade, già in molti casi oltre il livello di guardia», hanno scritto le associazioni. E qualcuno, tra i pendolari, suggerisce anche come intervenire per reperire i finanziamenti necessari: basterebbe dirottare verso il trasporto locale il 5% degli stanziamenti destinati all'alta velocità.

4.12.2011 Il Manifesto

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