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27 dicembre 2011

Bocca: se insistete nell’imporre la Tav, tiro fuori il mitra

Se vi sento dire la parola Tav, sparo. Se vi sento dire che la Tav, l’alta velocità, è indispensabile, necessaria al progresso, tiro su dal pozzo il Thompson che ci ho lasciato dalla guerra partigiana. Perché d’inevitabile in questo stolto mondo c’è solo l’incapacità della specie a controllare la suo conigliesca demografia, le sue moltiplicazioni insensate. Il progresso! Se vi capita di pecorrere la Pianura Padana che ha fama di essere luogo più ricco e civile d’Italia, date un’occhiata ai paesi e alle città. Quà e là riuscite ancora a vedere un campanile, ma il resto è urbanistica informe, una metastasi di casoni e casette venuti a slavina senza un piano regolatore, di materiali scadenti, di forme informi collegati da autostrade che si vergognano di essere così brutte e si nascondono dietro i tabelloni di vetrocemento o di plastica.

Questa necessità del progresso è un modo osceno per definire la nostra incapacità di resistere alle speculazioni. Saprete quanti anni ci vorrano per fare la Tav Lione-Torino-Milano? Pare più di 15 anni, giusto il tempo che arrivino ad inaugurarla i cinesi. Ma è possibile che sindaci e governatori dichiarino che senza il Tav si muore, si è tagliati fuori dalla civiltà? E’possibile che la signora Bresso della Regione Piemonte, che ho conosciuto come persona civile, dia i numeri se le bloccano i cantieri? Le grandi opere dormono, la legge progetto sta nei cassetti dei Berlusconi e dei Lunardi ma d’improvviso la congiunzione celeste della democrazia politica della speculazione cementiera si scatena e allora l’Italia intera è un cantiere.

Per arrivare dove? A un’alta velocità ferroviaria di cui si ignora tutto, se vincerà o meno la concorrenza del trasporto su strada, se troverà un numero di viaggiatori redditizio, se questi viaggiatori saranno davvero felici di metterci 15 minuti in meno tra Torino e Milano. Ma i conti torneranno? Ma sì che torneranno, perché il pubblico li farà tornare come accade per l’Hub della Malpensa dove alla fine è la collettività a pagare il trasferimento di migliaia di persone cacciate dal rumore. Una volta si diceva:quando il mattone tira, tira l’economia. E se oggi non è il mattone, è il cemento delle gallerie per cui passa il progresso di quelli che ci sanno fare.

(Giorgio Bocca, “A chi servirà la famigerata linea Tav”, dal “Venerdì di Repubblica” del 30 dicembre 2005, articolo ripreso dal sito “NoTav.info”).

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