[Vicenza] L’ultimo regalo del Prefetto Mattei
Cortei in centro: una fiaccolate per difenderli. LEGGI L’APPELLO firmato da Cinzia Bottene e Giancarlo Albera
Che sia un’umile servitore dello Stato è cosa nota: non c’è comando, interesse, imposizione comunicatagli da Roma che lui non abbia preso sul serio. Poco importa se le donne e gli uomini di questa città – con la quale dovrebbe confrontarsi per far da “ponte” con il governo centrale – non condividono; quel che conta, nel solco della più classica cultura del potere e della sovranità, è imporre la volontà di chi regna: tanto servile con i superiori quanto arrogante con i cittadini. Per dirla con un detto comune, forte con i deboli e debole con i forti.
L’ultimo regalo – perché è in procinto di partire - che il Prefetto Mattei vuol lasciare alla città berica è lo strumento per mettere definitivamente il bavaglio ai vicentini. Evidentemente, nonostante la militarizzazione strisciante della città, il divieto di realizzare anche un referendum consultivo e l’imposizione di un progetto contro il quale la comunità locale ha usato ogni strumento per dimostrare contrarietà, le voci di dissenso fanno ancora fischiare le orecchie a qualcuno; e l’umile servitore dello Stato vuol prendersi cura di queste delicate orecchie, «estirpando alla radice» - come ama dire il suo frequente ospite Paolo Costa – la voce del popolino, indegno di manifestare nelle piazze della città la propria opinione.
Con la collaborazione del questore Sarlo – che quando c’è da limitare la democrazia non si tira indietro – il Prefetto ha steso il piano perfetto: impedire le manifestazioni ovunque ci siano “obiettivi sensibili”; ovvero, più o meno, l’intero centro cittadino – o quantomeno le sue strade principali – tutelato dall’Unesco, gran parte delle periferie, visto che sono ormai circondate da zone militari, la stazione dei treni – da cui, storicamente, partono molti cortei, soprattutto degli studenti – e qualunque altro luogo possa avere un significato simbolico per chi protesta.
Vietare le manifestazioni in alcune zone della città significa voler cancellare le voci di dissenso dallo spazio pubblico; una censura preventiva per zittire e umiliare una comunità già calpestata, ma che in questi mesi ha continuato a usare l’unico strumento a sua disposizione: la voce.
In questo caso non si tratta soltanto di essere favorevoli o contrari alla nuova base militare; è in gioco, invece, la città come spazio pubblico di partecipazione e confronto. Come luogo in cui poter esprimere la propria vitalità e la propria diversità, la creatività e la socialità.
15/09/ 2009
Che sia un’umile servitore dello Stato è cosa nota: non c’è comando, interesse, imposizione comunicatagli da Roma che lui non abbia preso sul serio. Poco importa se le donne e gli uomini di questa città – con la quale dovrebbe confrontarsi per far da “ponte” con il governo centrale – non condividono; quel che conta, nel solco della più classica cultura del potere e della sovranità, è imporre la volontà di chi regna: tanto servile con i superiori quanto arrogante con i cittadini. Per dirla con un detto comune, forte con i deboli e debole con i forti.
L’ultimo regalo – perché è in procinto di partire - che il Prefetto Mattei vuol lasciare alla città berica è lo strumento per mettere definitivamente il bavaglio ai vicentini. Evidentemente, nonostante la militarizzazione strisciante della città, il divieto di realizzare anche un referendum consultivo e l’imposizione di un progetto contro il quale la comunità locale ha usato ogni strumento per dimostrare contrarietà, le voci di dissenso fanno ancora fischiare le orecchie a qualcuno; e l’umile servitore dello Stato vuol prendersi cura di queste delicate orecchie, «estirpando alla radice» - come ama dire il suo frequente ospite Paolo Costa – la voce del popolino, indegno di manifestare nelle piazze della città la propria opinione.
Con la collaborazione del questore Sarlo – che quando c’è da limitare la democrazia non si tira indietro – il Prefetto ha steso il piano perfetto: impedire le manifestazioni ovunque ci siano “obiettivi sensibili”; ovvero, più o meno, l’intero centro cittadino – o quantomeno le sue strade principali – tutelato dall’Unesco, gran parte delle periferie, visto che sono ormai circondate da zone militari, la stazione dei treni – da cui, storicamente, partono molti cortei, soprattutto degli studenti – e qualunque altro luogo possa avere un significato simbolico per chi protesta.
Vietare le manifestazioni in alcune zone della città significa voler cancellare le voci di dissenso dallo spazio pubblico; una censura preventiva per zittire e umiliare una comunità già calpestata, ma che in questi mesi ha continuato a usare l’unico strumento a sua disposizione: la voce.
In questo caso non si tratta soltanto di essere favorevoli o contrari alla nuova base militare; è in gioco, invece, la città come spazio pubblico di partecipazione e confronto. Come luogo in cui poter esprimere la propria vitalità e la propria diversità, la creatività e la socialità.
Non esistono spazi di partecipazione e luoghi di divieto: la democrazia è tale solo quando può attraversare la città.
Contro un progetto che vorrebbe togliere la voce alla città,
venerdì 18 settembre fiaccolata, ore 20.30 da P.za Castello.
15/09/ 2009
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Sotto la neve pane. Sotto il cemento fame!