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01 luglio 2010

Roberto senza Letizia - Cemento & danari

Qualcuno non aveva capito che Expo, nel Terzo millennio, significa solo affari immobiliari. Almeno in Italia.

Scontro (ennesimo) tra Letizia Moratti e Roberto Formigoni sull’Expo. Tema (cruciale): il destino dei terreni su cui avverrà l’esposizione universale del 2015. Il sindaco di Milano li vuole in comodato d’uso a un prezzo simbolico, il presidente della Regione li vuole comprare. Che senso ha questa nuova contesa, che divampa mentre se ne va, sconfitto, l’amministratore delegato di Expo Spa Lucio Stanca e arriva, come direttore generale, il manager Giuseppe Sala?

La vicenda delle aree inizia nel 2007, quando vengono scelti per l’esposizione i terreni a nord di Milano incastrati tra l’autostrada per Torino e quella dei Laghi, nei Comuni di Pero e Baranzate. Un postaccio, dove nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di costruire niente. Ma la bacchetta magica dell’Expo può fare miracoli: portare strade e linee di metrò, zone verdi e corsi d’acqua. Insomma, valorizzare quelle aree agricole e renderle appetibili.

Di chi sono, quei terreni? Al 70 per cento della Fiera di Milano, controllata dalla Regione e tradizionale feudo degli uomini di Comunione e liberazione. Al 30 per cento del gruppo Cabassi. Nel 2007, il piano (esplicitato dal contratto firmato allora dal Comune di Milano, dalla Fiera e da Cabassi) era di dare le aree in concessione alla società Expo per sette anni (2010-2017), al termine dei quali Fiera e Cabassi se le sarebbero riprese, trovando la gradita sorpresa di poterci costruire sopra: 600 mila metri quadri secondo il contratto, gonfiabili fino a 1 milione di metri quadri secondo una clausoletta ("zona di trasformazione speciale") inserita nel nuovo Piano di governo del territorio in approvazione a Milano.

Era un piano perfetto: da una parte Comune e Regione non avrebbero speso un euro per le aree, dall’altra i proprietari avrebbero fatto bingo. Soprattutto la Fondazione Fiera, pesantemente in rosso, avrebbe risolto tutti i suoi problemi, per la gioia di Formigoni e di Cl. Ma il piano è saltato. La crisi, infatti, ha prosciugato i soldi pubblici che dovevano arrivare all’Expo e ha reso incerti gli investimenti immobiliari: perché costruire, con il rischio di non riuscire a vendere? Letizia Moratti ha allora accettato di presentare un "concept plan" leggero, progettato dall’architetto Stefano Boeri con Richard Burdett, Jacques Herzog, William Mc Donough e Joan Busquets. Un grande parco botanico planetario, con le coltivazioni, le serre, le biodiversità, i climi del mondo e le loro tipicità alimentari.

A questo punto, Formigoni non ci sta. Vuole riprendere in mano la guida dell’operazione. Vuole acquistare le aree. Con una mano paga (quella della Regione Lombardia), con l’altra incassa (quella della Fondazione Fiera). Quelle aree agricole, non edificabili, oggi valgono poco o niente. La Regione sarebbe disponibile a pagarle ben oltre il loro valore attuale (i proprietari chiedono almeno 200 milioni, Formigoni ne propone 160). Poi, dopo l’Expo, il grande parco che dovrebbe restare come regalo alla metropoli meno verde d’Europa sarebbe almeno in parte edificato. Un bel quartiere residenziale, che renderebbe la Fondazione Fiera un soddisfatto e ricco operatore immobiliare. Quanto al tema dell’Expo 2015, "Nutrire il pianeta, energia per la vita", resterebbe un buon proposito, ma a nutrirsi sarebbero i soliti noti.

Gianni Barbacetto
Il Fatto Quotidiano, 1° luglio 2010

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