La legge sul processo e la prescrizione brevi ha già provocato un morto: è la Lega che, dall'altroieri, ha smesso politicamente d'esistere.
Nulla resta della spinta rivoluzionaria, non c'è altro modo di descriverla, che ha caratterizzato la nascita di quello che fu il movimento di protesta delle regioni del nord contro il malaffare; la Lega è ora, ufficialmente, proprio uno dei partiti del malaffare e, tra questi, forse il peggiore.
Spogliatisi di qualunque pretesa d'ideale, i suoi dirigenti si sono rivelati quel che forse son sempre stati; degli intrallazzatori senza arte né parte, disposti a vendere qualunque cosa, a partire dalla dignità propria e dei propri elettori, per un po' di potere e di denaro.
E' una Lega politicamente morta, questa che si è legata mani e piedi a Silvio Berlusconi; è una Lega orribile questa, costretta a cavalcare i peggiori sentimenti, le più disgustose e abiette pulsioni, per giustificare la propria esistenza.
Resta, del soggetto politico in cui avevano, onestamente e forse ingenuamente, riposto così tante speranze molti elettori del nord, solo una rete di potere affaristico clientelare, diffusa soprattutto in Lombardia e nel Veneto che non ha nulla da invidiare a quelle costruite a suo tempo in Sicilia o Campania dai partiti “romani”.
Era vissuta, finora, sì agitando l’idea d’un federalismo confuso e velleitario, ma soprattutto presentandosi all’elettorato come il partito degli onesti, dei puri, di coloro che nulla avevano a che spartire con la corruzione della politica tradizionale, la Lega che da mercoledì giace sotto la lapide della legge sul processo breve.
E’ una Lega di trote e trotelle, sedute in parlamento come nei consigli d’amministrazione delle banche e delle aziende pubbliche quella che malvive come ruota di scorta di Berlusconi e che, spero, con le sparate dei propri dirigenti si è condannata all’esclusione da qualunque progetto per il superamento del berlusconismo.
Non vi potrà essere nessuno spazio, nell’Italia che ricostruiremo, per Bossi e i suoi eredi; non si può neppure discutere con un partito i cui massimi esponenti si lasciano andare a dichiarazione come quelle di Castelli.
Nell’Italia di dopodomani la Lega dovrà essere isolata come un cancro; sottoposta ad un ostracismo più chiuso di quello a cui fu soggetto il Movimento Sociale durante la Prima Repubblica.
Non avevo quest’idea, ancora pochi mesi or sono; non ero così ottimista da pensare di poter arrivare ad un accordo politico con i leghisti, come era Bersani, ma ero convinto che molti tra loro, ad ogni modo, fossero degli italiani per bene che solo avevano qualche idea da riordinare.
Dopo il voto della Camera di mercoledì e, soprattutto, dopo le idiozie dette Maroni e le atrocità pronunciate da Castelli e Speroni in questi giorni, chi si ostina a rimanere leghista non è un italiano o, perlomeno, non un italiano come quelli che si riconoscono nella Costituzione e nei valori su cui questa si fonda; per loro volontà non appartengono più, i leghisti di oggi, alla nostra comunità nazionale.
Esagero?
E come andrebbero trattati quelli che accettano che venga votata una legge a solo beneficio di un piduista amico di mafiosi?
Come bisogna considerare chi applaude ironico all’affogamento dei disperati che cercano di raggiungere le nostre coste?
Ai piduisti, mafiosi e nazisti non si torce un capello, proprio perché non siamo come loro, ma non si riconosce nulla.
Non si rivolge neppure loro la parola e se ce la rivolgono vanno ignorati, nella vita privata come in quella pubblica; un tempo con le persone che avevano violato i patti costituenti della società così si faceva, e così dovremmo noi, da oggi, con loro.
Sono altro, ce lo hanno detto, ripetuto e, da ieri definitivamente dimostrato; prendiamone atto e lasciamoli, assieme ai loro amici berlusconiani, a scavare ancora più fondo il baratro in cui stanno cercando di seppellire il paese.
Alla fine sarà quella la loro tomba.
15.04.11 - fonte
Nulla resta della spinta rivoluzionaria, non c'è altro modo di descriverla, che ha caratterizzato la nascita di quello che fu il movimento di protesta delle regioni del nord contro il malaffare; la Lega è ora, ufficialmente, proprio uno dei partiti del malaffare e, tra questi, forse il peggiore.
Spogliatisi di qualunque pretesa d'ideale, i suoi dirigenti si sono rivelati quel che forse son sempre stati; degli intrallazzatori senza arte né parte, disposti a vendere qualunque cosa, a partire dalla dignità propria e dei propri elettori, per un po' di potere e di denaro.
E' una Lega politicamente morta, questa che si è legata mani e piedi a Silvio Berlusconi; è una Lega orribile questa, costretta a cavalcare i peggiori sentimenti, le più disgustose e abiette pulsioni, per giustificare la propria esistenza.
Resta, del soggetto politico in cui avevano, onestamente e forse ingenuamente, riposto così tante speranze molti elettori del nord, solo una rete di potere affaristico clientelare, diffusa soprattutto in Lombardia e nel Veneto che non ha nulla da invidiare a quelle costruite a suo tempo in Sicilia o Campania dai partiti “romani”.
Era vissuta, finora, sì agitando l’idea d’un federalismo confuso e velleitario, ma soprattutto presentandosi all’elettorato come il partito degli onesti, dei puri, di coloro che nulla avevano a che spartire con la corruzione della politica tradizionale, la Lega che da mercoledì giace sotto la lapide della legge sul processo breve.
E’ una Lega di trote e trotelle, sedute in parlamento come nei consigli d’amministrazione delle banche e delle aziende pubbliche quella che malvive come ruota di scorta di Berlusconi e che, spero, con le sparate dei propri dirigenti si è condannata all’esclusione da qualunque progetto per il superamento del berlusconismo.
Non vi potrà essere nessuno spazio, nell’Italia che ricostruiremo, per Bossi e i suoi eredi; non si può neppure discutere con un partito i cui massimi esponenti si lasciano andare a dichiarazione come quelle di Castelli.
Nell’Italia di dopodomani la Lega dovrà essere isolata come un cancro; sottoposta ad un ostracismo più chiuso di quello a cui fu soggetto il Movimento Sociale durante la Prima Repubblica.
Non avevo quest’idea, ancora pochi mesi or sono; non ero così ottimista da pensare di poter arrivare ad un accordo politico con i leghisti, come era Bersani, ma ero convinto che molti tra loro, ad ogni modo, fossero degli italiani per bene che solo avevano qualche idea da riordinare.
Dopo il voto della Camera di mercoledì e, soprattutto, dopo le idiozie dette Maroni e le atrocità pronunciate da Castelli e Speroni in questi giorni, chi si ostina a rimanere leghista non è un italiano o, perlomeno, non un italiano come quelli che si riconoscono nella Costituzione e nei valori su cui questa si fonda; per loro volontà non appartengono più, i leghisti di oggi, alla nostra comunità nazionale.
Esagero?
E come andrebbero trattati quelli che accettano che venga votata una legge a solo beneficio di un piduista amico di mafiosi?
Come bisogna considerare chi applaude ironico all’affogamento dei disperati che cercano di raggiungere le nostre coste?
Ai piduisti, mafiosi e nazisti non si torce un capello, proprio perché non siamo come loro, ma non si riconosce nulla.
Non si rivolge neppure loro la parola e se ce la rivolgono vanno ignorati, nella vita privata come in quella pubblica; un tempo con le persone che avevano violato i patti costituenti della società così si faceva, e così dovremmo noi, da oggi, con loro.
Sono altro, ce lo hanno detto, ripetuto e, da ieri definitivamente dimostrato; prendiamone atto e lasciamoli, assieme ai loro amici berlusconiani, a scavare ancora più fondo il baratro in cui stanno cercando di seppellire il paese.
Alla fine sarà quella la loro tomba.
15.04.11 - fonte
concordo pienamente, volente o nolente sono oramai diventati i migliori amici e sodali di mafiosi, delinquenti, evasori fiscali, inquinatori dell'ambiente, politici eletti in liste taroccate
RispondiElimina