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18 marzo 2013

Se fossimo noi.

Mentre Bersani e Grillo si scambiano cortesie e i 160 eletti M5S si guardano l' ombelico
disquisendo sul "Grasso si, Grasso no", accadono alcune cose:

i ruderi del governo tecnico approvano il progetto Valdastico Nord,
la Pedemontana Veneta avanza,
il TAV accelera,
gli attivisti no MUOS vengono perquisiti all'alba,
il ponte sullo stretto viene mantenuto in vita,
l'iter centinaia di grandi opere inutili prosegue.

Approfittando della situazione di stallo, i "tecnici" accelerano e raschiano soldi pubblici,
terreno agricolo e  risorse comuni, dal fondo del barile (del nostro barile).

Questo non è un appello,
non è una raccolta di firme,
è una riflessione su quel che sarebbe per la prima volta,
probabilmente,
possibile portare a casa e che,
invece, non arriverà:
una moratoria di 18-24 mesi per tutte le grandi opere a livello nazionale e regionale, come contropartita per l'appoggio (in qualsivoglia forma) ad un governo.

In questo periodo le opere potrebbero e dovrebbero essere ridiscusse
con la partecipazione reale delle popolazioni
e dei comitati che in questi anni hanno combattuto e resistito al progresso scorsoio.

Altro che otto punti più o meno fumosi dove dentro c'è di tutto,
ma tutto da declinare e da interpretare.

Sarebbe un'azione pratica, significativa e realmente utile
e proprio per questo siamo certi che questa idea cadrà nel vuoto,
(anche perché darebbe meno visibilità e ritorno immediato di consenso
della restituzione dei rimborsi elettorali).

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