La superficie «verde» che ci circonda sta sempre più riducendosi e potrebbe essere destinata a scomparire nel giro di cento anni, compromettendo il futuro dei nostri figli e del pianeta. Perché ciò non accada sono urgenti delle leggi di tutela del territorio come è stato fatto in altri Paesi europei
Come abbiamo evidenziato nel n. 9/2011 i primi risultati del Censimento generale dell'agricoltura 2010, mettono in evidenza una pesante riduzione della superficie agricola utilizzata (sau) italiana: in dieci anni sono stati sottratti alla coltivazione 298.200 ettari. Ben più consistente, nello stesso arco di tempo (10 anni), è stata la riduzione della superficie agricola totale (sat), che comprende, oltre alla superficie agricola utilizzata, anche i boschi e i terreni incolti delle aziende agricole: 1,5 milioni di ettari, pari al 5% del territorio nazionale!
Sono numeri da bollettino di guerra, una guerra sempre più «perduta» contro l'avanzare del cemento, lo sfregio del paesaggio, lo sconvolgimento dell'equilibrio idrogeologico del territorio, come drammaticamente confermano le recenti alluvioni in Liguria e in Toscana - o quella del 2010 in Veneto - che hanno provocato enormi danni e tante vittime.
Sono anche i numeri di un grave problema economico per il nostro Paese:
perché una minor superficie coltivata significa una maggiore difficoltà nel fronteggiare il deficit agroalimentare che nel 2010 è stato di 8,55 miliardi; perché la
distruzione del paesaggio sta compromettendo la vocazione turistica di tante località; perché riparare i danni del dissesto idrogeologico (oltre un miliardo l'anno, secondo l'Ordine nazionale dei geologi) costa almeno tre volte di più che prevenirli.
Cementificando dissennatamente il suolo «verde» stiamo lasciando alle future generazioni un debito di dimensioni enormi e in continua crescita (solo per gli interventi più urgenti, oggi occorrono 11 miliardi di euro) che potrà essere fermato
solo con una radicale inversione di tendenza, ma questo sembra di là da venire.
Per il momento si registra solo la possibile disponibilità di 2,5 miliardi di euro stanziati nel 2009 e mai utilizzati.
LA SALVAGUARDIA DEL PAESAGGIO NON È UN COSTO
Una inversione di tendenza viene invocata anche da movimenti spontanei, nati dalle piccole amministrazioni locali e dalle prese di posizione di molti intellettuali e scrittori come Salvatore Settis («Paesaggio, costituzione, cemento»), Roberto Ippolito («Il Belpaese maltrattato»), Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella («Vandali. L'assalto alle bellezze d'Italia»). Ma la politica statale, quella con la «P» maiuscola, che dovrebbe indirizzare lo sviluppo e stabilire principi generali di saggia utilizzazione delle risorse nazionali, tace... e sostanzialmente acconsente all'invasione del cemento come asse portante delle politiche per l'occupazione e la crescita economica.
Così le piccole comunità rurali, gli agricoltori, si stanno organizzando. Come è accaduto nel 2009 col movimento «Stop al consumo di territorio» (di cui abbiamo dato notizia nel n. 3/2009, a pag.11) e, di recente, con la fondazione del «Forum italiano dei movimenti per la tutela del paesaggio e dei suoli fertili». Internet alimenta il passaparola, moltiplica l'organizzazione di convegni in tutta Italia, sensibilizza l'opinione pubblica sulla necessità di difendere l'integrità del paesaggio e del suolo dall'assalto della speculazione edilizia.
NELLA COSTITUZIONE SI PARLA DI TUTELA DEL PAESAGGIO
La protesta prende le mosse dall' articolo 9 della Costituzione della nostra Repubblica che stabilisce il principio di «tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico». Partendo da questo presupposto, il neonato Forum sta lavorando a una legge che fissi severi limiti alle nuove costruzioni, istituendo un inventario nazionale degli edifici inutilizzati da recuperare all'uso residenziale ed economico.
Secondo una stima di Legambiente gli alloggi ancora vuoti, solo nelle grandi città sarebbero 5,2 milioni... e il 20% dei capannoni industriali è attualmente inutilizzato. Anche i comuni rurali, salvo rare lodevoli eccezioni, stanno circondando i propri centri storici con imponenti centri commerciali, o nuovi insediamenti turistico-residenziali, trascurando il restauro degli edifici esistenti.
La morsa del cemento, procedendo di questo passo, potrebbe cancellare il «verde» nel giro dei prossimi cento anni. E dopo?
L'esempio per emanare anche da noi una normativa che metta un freno alconsumo di territorio viene soprattutto dalla Germania e dalla Gran Bretagna, dove da più di dieci anni esistono leggi che limitano le nuove costruzioni su suolo «verde», obbligando al recupero di aree dismesse o già edificate. L'Italia, per disponibilità di territorio abitabile e densità di popolazione, non ha alcun motivo per considerare meno urgente un provvedimento del genere.
Giorgio Lo Surdo
Chi tra i lettori di Vita in Campagna desiderasse documentarsi sull'argomento e sostenere iniziative di protezione del paesaggio e del territorio può consultare i siti internet del «Forum italiano dei movimenti per la tutela del paesaggio e dei suoli fertili» (www.salviamoilpaesaggio.it/blog), del movimento «Stop al consumo di territorio» (www.stopalconsumoditerritorio.it), dell' Associazione dei Comuni virtuosi (www.comunivirtuosi.org).
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Sotto la neve pane. Sotto il cemento fame!