Quello che il TAR del Lazio rileva con la sua sentenza è che l'impianto emergenziale con cui è stata portata avanti la SPV dal 2009 a oggi è illegittimo.
La scelta del luogo per la conferenza stampa non è casuale.
Qui c'è un cantiere nel quale i lavori stanno proseguendo nonostante la sentenza ESECUTIVA di un Tribunale Amministrativo che dichiara illegittima la nomina del commissario straordinario da parte del governo Berlusconi nel 2009.
L'amministrazione regionale può ricorrere contro la sentenza del TAR, ma non può disconoscerla, né può l'ex commissario fingere di non sapere dell'esistenza di tale sentenza e dichiarare che la sentenza, come ha fatto nelle ultime settimane, non gli è stata notificata.
Forse l'ex commissario può cavillare sulla ancora non avvenuta notifica, ma non può certamente asserire di non sapere che il pronunciamento dei giudici ha dichiarato illegittima la sua nomina e conseguentemente nulla la sua funzione e invalido ogni suo atto.
Ci sono questioni di forma e questioni di sostanza.
La sostanza di quello che noi leggiamo nelle parole e nel comportamento del commissario, è l'arroganza e il disprezzo di un (ex) funzionario statale nei confronti di un organo dello stato (il TAR del Lazio), dei giudici e dei cittadini, che, invece, quando tocca a loro, alla legge e alle sentenze si devono adeguare.
Un comportamento corretto sarebbe stato di fermare tutto in attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato sia riguardo alla sospensiva della sentenza e in caso sino alla sentenza definitiva, ma parrebbe che l'abitudine al potere e a non avere oppositori istituzionali, abbia fatto debordare l'ex commissario fino a dare l'impressione che egli consideri la sentenza del TAR come un piccolo fastidioso foruncolo da rimuovere, con buona pace delle persone per le quali leggi e sentenze invece pesano come macigni.
Abbiamo raccolto oltre mille firme di cittadini e di oltre quaranta associazioni e comitati. Invieremo una lettera al Presidente della Regione, all’ex commissario, ai Consiglieri Regionali e ai Deputati Nazionali ed Europei per denunciare il protrarsi della situazione e chiedere il rispetto della legalità.
Purtroppo però, sembra che chiedere civilmente il rispetto delle regole e la correttezza, in questo paese non basti, per cui siamo altresì pronti a presentare esposti nelle sedi competenti e a fare intervenire la pubblica autorità.
I lavori nei cantieri si devono fermare ora, senza indugi.
Per ribadirlo e per continuare la mobilitazione unitariamente con tutti i comitati territoriali e con le associazioni, intraprenderemo diverse iniziative lungo l'asse della pedemontana.
Il 28 gennaio ci sarà la giornata dei gazebo, dove in molti comuni dell'asse (Montecchio Maggiore, Trissino, Castelgomberto, Malo, Sarcedo, Breganze, Bassano) saremo in piazza a parlare con i cittadini, a dire quello che pochi sanno, ossia che il TAR del Lazio ha fermato l'iter della Pedemontana perché la nomina del commissario si basa su una falsa emergenza, a dare speranza a chi pur essendo contrario, si è rassegnato.
Il 2 febbraio una grande assemblea pubblica a Montecchio Maggiore lancerà ulteriori iniziative per la mobilitazione.
Vogliamo arrivare a una grande manifestazione unitaria di cittadini, comitati e associazioni e successivamente creare uno spazio (anche fisico) dove poter esprimere, condividere e diffondere la nostra visione di sviluppo di un territorio martoriato da trenta anni di dissennatezza che ci hanno portato ad avere un Veneto che sembra una gruviera di cave con escrescenze di capannoni vuoti e grappoli di zone industriali dismesse e centri commerciali semideserti.
Vogliamo ribadire che il modello attuale non sta in piedi se non basandosi sulla creazione di un debito ecologico ed economico per le generazioni future.
Nel luogo in cui è sorto il cantiere tra Levà e Sarcedo, ci sono gli ultimi prati perenni di questa zona. Ci sono le rogge ricche di acqua, c'è la cava utilizzata per gli studi sulla ricarica della falda che alimenta gli acquedotti di Vicenza e Padova, c'è la centrale idroelettrica di Ca' Fusa che produce energia sfruttando le caratteristiche del territorio ossia la presenza di acqua in grande quantità della zona.
Laggiù a sud, verso il torrente Igna hanno già scavato una trincea, di nascosto e in silenzio. Ora, dopo la sentenza, con grande arroganza hanno cominciato i lavori, senza nemmeno che il cartello di autorizzazione al cantiere sia stato esposto a ridosso della strada di via Ca’ Orecchiona, dove già mucchi di terra sbancati sconvolgono il paesaggio, fino a che questa ricchezza sarà ricoperta dalla colata di asfalto.
Fermarli è un dovere civico.
Qui c'è un cantiere nel quale i lavori stanno proseguendo nonostante la sentenza ESECUTIVA di un Tribunale Amministrativo che dichiara illegittima la nomina del commissario straordinario da parte del governo Berlusconi nel 2009.
L'amministrazione regionale può ricorrere contro la sentenza del TAR, ma non può disconoscerla, né può l'ex commissario fingere di non sapere dell'esistenza di tale sentenza e dichiarare che la sentenza, come ha fatto nelle ultime settimane, non gli è stata notificata.
Forse l'ex commissario può cavillare sulla ancora non avvenuta notifica, ma non può certamente asserire di non sapere che il pronunciamento dei giudici ha dichiarato illegittima la sua nomina e conseguentemente nulla la sua funzione e invalido ogni suo atto.
Ci sono questioni di forma e questioni di sostanza.
La sostanza di quello che noi leggiamo nelle parole e nel comportamento del commissario, è l'arroganza e il disprezzo di un (ex) funzionario statale nei confronti di un organo dello stato (il TAR del Lazio), dei giudici e dei cittadini, che, invece, quando tocca a loro, alla legge e alle sentenze si devono adeguare.
Un comportamento corretto sarebbe stato di fermare tutto in attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato sia riguardo alla sospensiva della sentenza e in caso sino alla sentenza definitiva, ma parrebbe che l'abitudine al potere e a non avere oppositori istituzionali, abbia fatto debordare l'ex commissario fino a dare l'impressione che egli consideri la sentenza del TAR come un piccolo fastidioso foruncolo da rimuovere, con buona pace delle persone per le quali leggi e sentenze invece pesano come macigni.
Abbiamo raccolto oltre mille firme di cittadini e di oltre quaranta associazioni e comitati. Invieremo una lettera al Presidente della Regione, all’ex commissario, ai Consiglieri Regionali e ai Deputati Nazionali ed Europei per denunciare il protrarsi della situazione e chiedere il rispetto della legalità.
Purtroppo però, sembra che chiedere civilmente il rispetto delle regole e la correttezza, in questo paese non basti, per cui siamo altresì pronti a presentare esposti nelle sedi competenti e a fare intervenire la pubblica autorità.
I lavori nei cantieri si devono fermare ora, senza indugi.
Per ribadirlo e per continuare la mobilitazione unitariamente con tutti i comitati territoriali e con le associazioni, intraprenderemo diverse iniziative lungo l'asse della pedemontana.
Il 28 gennaio ci sarà la giornata dei gazebo, dove in molti comuni dell'asse (Montecchio Maggiore, Trissino, Castelgomberto, Malo, Sarcedo, Breganze, Bassano) saremo in piazza a parlare con i cittadini, a dire quello che pochi sanno, ossia che il TAR del Lazio ha fermato l'iter della Pedemontana perché la nomina del commissario si basa su una falsa emergenza, a dare speranza a chi pur essendo contrario, si è rassegnato.
Il 2 febbraio una grande assemblea pubblica a Montecchio Maggiore lancerà ulteriori iniziative per la mobilitazione.
Vogliamo arrivare a una grande manifestazione unitaria di cittadini, comitati e associazioni e successivamente creare uno spazio (anche fisico) dove poter esprimere, condividere e diffondere la nostra visione di sviluppo di un territorio martoriato da trenta anni di dissennatezza che ci hanno portato ad avere un Veneto che sembra una gruviera di cave con escrescenze di capannoni vuoti e grappoli di zone industriali dismesse e centri commerciali semideserti.
Vogliamo ribadire che il modello attuale non sta in piedi se non basandosi sulla creazione di un debito ecologico ed economico per le generazioni future.
Nel luogo in cui è sorto il cantiere tra Levà e Sarcedo, ci sono gli ultimi prati perenni di questa zona. Ci sono le rogge ricche di acqua, c'è la cava utilizzata per gli studi sulla ricarica della falda che alimenta gli acquedotti di Vicenza e Padova, c'è la centrale idroelettrica di Ca' Fusa che produce energia sfruttando le caratteristiche del territorio ossia la presenza di acqua in grande quantità della zona.
Laggiù a sud, verso il torrente Igna hanno già scavato una trincea, di nascosto e in silenzio. Ora, dopo la sentenza, con grande arroganza hanno cominciato i lavori, senza nemmeno che il cartello di autorizzazione al cantiere sia stato esposto a ridosso della strada di via Ca’ Orecchiona, dove già mucchi di terra sbancati sconvolgono il paesaggio, fino a che questa ricchezza sarà ricoperta dalla colata di asfalto.
Fermarli è un dovere civico.
CDST, 13 gennaio 2012
Ma domani li fate i gazebo?
RispondiEliminaSI http://difesasaluteterritorio.blogspot.com/2012/01/comunicato-stampa.html
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