"The Oil Crash" un futuro inquietante;
film documentario sulle nostre risorse energetiche
film documentario sulle nostre risorse energetiche
Part1 > http://dailymotion.virgilio.it/video/x6s3co_petrole-cruel-sera-le-reveil-15_news
Part2 > http://www.dailymotion.com/video/x6s59s_petrole-cruel-sera-le-reveil-25_news
Part3 > http://www.dailymotion.com/video/x6s6t2_petrole-cruel-sera-le-reveil-35_news
Part4 > http://www.dailymotion.com/video/x6s9fb_petrole-cruel-sera-le-reveil-45_news
Part5 > http://www.dailymotion.com/video/x6sbxv_petrole-cruel-sera-le-reveil-55_news
Il petrolio si sta esaurendo. Questo l’inquietante messaggio lanciato da Basil Gelpke e Ray Mc Cormack in un documentario di 55 minuti (Svizzera 2006) che ha raccolto le testimonianze dei maggiori esperti mondiali in materia, ottenendo numerosi premi internazionali.
Il film parte da una considerazione: la società attuale si basa in tutti i campi sull’uso del petrolio: dall’agricoltura all’industria, ai trasporti (il 98% dell’energia per i trasporti deriva dal greggio!), alla stessa produzione di energia. Iniziato il suo sfruttamento massiccio nei primi del ‘900, questa materia prima ha ben presto soppiantato le altre fonti energetiche in quanto copiosa in natura, economica da estrarre, considerata praticamente inesauribile e formidabile per il suo contenuto energetico (con un barile di greggio si ottiene l’equivalente di 25mila ore di lavoro).
Dopo i picchi mondiali di produzione raggiunti nei primi anni ’70, ci si è resi conto che quella risorsa non rinnovabile andava vistosamente calando, nonostante le tecniche di estrazione sempre più sofisticate e le impressionanti ricerche fatte in tutto il mondo è da molti anni che non si trovano più grandi giacimenti.
Sconvolgenti e profetiche le immagini di Baku, città dell’Azerbaigian, sul Mar Caspio, dove un volta esistevano i più grandi giacimenti al mondo di petrolio (da soli facevano fronte alla metà del fabbisogno mondiale), oggi totalmente prosciugati e abbandonati. E lo stesso sta avvenendo o è già avvenuto per numerosi pozzi in alcune località degli Stati Uniti e del Venezuela.
Da questa fame di petrolio gli autori del film fanno discendere le guerre in Medio Oriente (controllo dei pozzi) e sostengono che l’accelerazione dell'esaurimento delle riserve è causato anche dall’affacciarsi sullo scenario mondiale di nuove grandi potenze industriali quali l’India e la Cina. Nel ’70 più della metà del mondo non usava petrolio, oggi il sogno di ogni giovane cinese è di acquistare un’auto: tutti sognano il sogno americano.
Purtroppo il sogno si sta rivelando un incubo perché di petrolio ce n’è sempre meno. La nostra civiltà si avvia verso una fase in cui le fonti energetiche fossili sono limitate e costose da estrarre e questo comporterà necessariamente un cambiamento dei nostri stili di vita.
Nel film viene denunciata con forza l’attuale poca attenzione rivolta alla soluzione di questo scottante problema. E propone anche soluzioni. Il documentario non lascia molte speranze nel medio e breve periodo, neppure per l’uso di altre fonti energetiche non fossili quali l’uranio o l’idrogeno per una serie di limiti economici e fisici che vengono ben spiegati nel filmato. Punta piuttosto all’efficienza e al risparmio energetico e alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento fra cui quelle rinnovabili derivanti dal sole.
Il film parte da una considerazione: la società attuale si basa in tutti i campi sull’uso del petrolio: dall’agricoltura all’industria, ai trasporti (il 98% dell’energia per i trasporti deriva dal greggio!), alla stessa produzione di energia. Iniziato il suo sfruttamento massiccio nei primi del ‘900, questa materia prima ha ben presto soppiantato le altre fonti energetiche in quanto copiosa in natura, economica da estrarre, considerata praticamente inesauribile e formidabile per il suo contenuto energetico (con un barile di greggio si ottiene l’equivalente di 25mila ore di lavoro).
Dopo i picchi mondiali di produzione raggiunti nei primi anni ’70, ci si è resi conto che quella risorsa non rinnovabile andava vistosamente calando, nonostante le tecniche di estrazione sempre più sofisticate e le impressionanti ricerche fatte in tutto il mondo è da molti anni che non si trovano più grandi giacimenti.
Sconvolgenti e profetiche le immagini di Baku, città dell’Azerbaigian, sul Mar Caspio, dove un volta esistevano i più grandi giacimenti al mondo di petrolio (da soli facevano fronte alla metà del fabbisogno mondiale), oggi totalmente prosciugati e abbandonati. E lo stesso sta avvenendo o è già avvenuto per numerosi pozzi in alcune località degli Stati Uniti e del Venezuela.
Da questa fame di petrolio gli autori del film fanno discendere le guerre in Medio Oriente (controllo dei pozzi) e sostengono che l’accelerazione dell'esaurimento delle riserve è causato anche dall’affacciarsi sullo scenario mondiale di nuove grandi potenze industriali quali l’India e la Cina. Nel ’70 più della metà del mondo non usava petrolio, oggi il sogno di ogni giovane cinese è di acquistare un’auto: tutti sognano il sogno americano.
Purtroppo il sogno si sta rivelando un incubo perché di petrolio ce n’è sempre meno. La nostra civiltà si avvia verso una fase in cui le fonti energetiche fossili sono limitate e costose da estrarre e questo comporterà necessariamente un cambiamento dei nostri stili di vita.
Nel film viene denunciata con forza l’attuale poca attenzione rivolta alla soluzione di questo scottante problema. E propone anche soluzioni. Il documentario non lascia molte speranze nel medio e breve periodo, neppure per l’uso di altre fonti energetiche non fossili quali l’uranio o l’idrogeno per una serie di limiti economici e fisici che vengono ben spiegati nel filmato. Punta piuttosto all’efficienza e al risparmio energetico e alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento fra cui quelle rinnovabili derivanti dal sole.
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Sotto la neve pane. Sotto il cemento fame!