A oltre trent’anni dalla tragedia di Seveso, persistono ancora gli effetti sulla salute, anche indiretti sulle nuove generazioni: i figli di donne che vivevano nelle aree contaminate da diossina mostrano disfunzioni tiroidee con probabilità 6,6 volte maggiore dei coetanei figli di donne non esposte.
Lo attesta uno studio pubblicato sulla rivista Plos Medicine da Andrea Baccarelli dell’Università di Milano. È emersa una netta associazione tra esposizione materna a 2,3,7,8-Tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd), la più pericolosa tra le diossine, classificata dall’Oms come carcinogeno di classe uno, ed alterazioni della funzione neonatale tiroidea in una ampia popolazione esposta dopo l’incidente del 1976. Era il 10 luglio quando negli impianti chimici della Icmesa di Meda, vicino a Seveso, avvenne l’esplosione che sprigionò la diossina nei comuni limitrofi. La ricerca è stata condotta per vedere i danni a lungo termine sulle successive generazioni, ovvero sui figli delle donne esposte. Gli esperti hanno coinvolto 1772 donne delle zone A e B di Seveso, le zone più contaminate e 1772 donne della zona circostante non contaminata.
«Abbiamo valutato tra il 1994-2005 i nati, in tutto 1014», riferiscono gli autori, e misurato i livelli neonatali di tireotropina ematica (b-Tsh), un ormone tiroideo usato come parametro per capire se la tiroide funziona bene. Livelli di Tsh troppo elevati sono un indice di disfunzioni tiroidee che nel bambino possono portare a danni permanenti di sviluppo del corpo e del cervello. È emerso che ancora a distanza di decenni dal disastro, i bimbi delle donne della zona A hanno un rischio di 6,6 volte maggiore di disfunzioni tiroidee; anche nei bimbi di donne della zona B i livelli di Tsh sono risultati più elevati della norma anche se con valori intermedi rispetto a quelli della zona A. Ciò significa che, anche a distanza di molti anni dalla contaminazione, produce effetti a lungo termine sui nuovi nati.
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Lo attesta uno studio pubblicato sulla rivista Plos Medicine da Andrea Baccarelli dell’Università di Milano. È emersa una netta associazione tra esposizione materna a 2,3,7,8-Tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd), la più pericolosa tra le diossine, classificata dall’Oms come carcinogeno di classe uno, ed alterazioni della funzione neonatale tiroidea in una ampia popolazione esposta dopo l’incidente del 1976. Era il 10 luglio quando negli impianti chimici della Icmesa di Meda, vicino a Seveso, avvenne l’esplosione che sprigionò la diossina nei comuni limitrofi. La ricerca è stata condotta per vedere i danni a lungo termine sulle successive generazioni, ovvero sui figli delle donne esposte. Gli esperti hanno coinvolto 1772 donne delle zone A e B di Seveso, le zone più contaminate e 1772 donne della zona circostante non contaminata.
«Abbiamo valutato tra il 1994-2005 i nati, in tutto 1014», riferiscono gli autori, e misurato i livelli neonatali di tireotropina ematica (b-Tsh), un ormone tiroideo usato come parametro per capire se la tiroide funziona bene. Livelli di Tsh troppo elevati sono un indice di disfunzioni tiroidee che nel bambino possono portare a danni permanenti di sviluppo del corpo e del cervello. È emerso che ancora a distanza di decenni dal disastro, i bimbi delle donne della zona A hanno un rischio di 6,6 volte maggiore di disfunzioni tiroidee; anche nei bimbi di donne della zona B i livelli di Tsh sono risultati più elevati della norma anche se con valori intermedi rispetto a quelli della zona A. Ciò significa che, anche a distanza di molti anni dalla contaminazione, produce effetti a lungo termine sui nuovi nati.
Vi ringraziamo per aver citato il nostro blog dedicato all'ecologia ed in particolare all'annosa vicenda legata all'emergenza rifiuti in Campania
RispondiEliminahttp://www.9online.it/blog_emergenzarifiuti
Cordiali saluti,
Redazione 9online.it