Promettevano la massima trasparenza nell’iter procedurale; non hanno ancora permesso ai vicentini di visionare il progetto della nuova base militare e hanno abbattuto una palazzina all’interno dell’aeroporto nel più stretto silenzio, mentre rifiutano la valutazione d’impatto ambientale che, come scriveva il commissario Costa, «rappresenterebbe un grave ostacolo».
E’ la legalità a stelle e strisce: decidono tutto i comandanti della Ederle mentre ai cittadini e all’amministrazione comunale vicentina deve essere messo il bavaglio.
Quel che sta avvenendo a Vicenza evidenzia ancora una volta l’arroganza dell’armata statunitense che tratta il capoluogo berico come un qualunque territorio occupato; tanto che, in barba alle norme di sicurezza, giovedì sera un elicottero militare Usa è atterrato all’interno del Dal Molin dove, dal 30 settembre, non sono più attivi i dispositivi di sicurezza e l’illuminazione. L’aeroporto del resto è chiuso, ma evidentemente solo ai vicentini. La polizia italiana schierata all’interno, dunque, ha avuto il compito di proteggere lo svolgimento di una serie di illegalità ai danni dei cittadini italiani, mettendo peraltro a rischio l’incolumità degli abitanti dell’area limitrofa.
Gli statunitensi non sono affatto amici di Vicenza; un amico, del resto, non colpirebbe alle spalle, ne' farebbe finta di non aver sentito l’opinione contraria del proprietario di casa. Un amico non si permetterebbe di farsi mantenere per decenni, chiedendo un contributo pari al 41% delle proprie spese e pretendendo la realizzazione di tutte le infrastrutture che gli sono necessarie. Un amico non progetterebbe la distruzione di un territorio per assecondare i propri interessi militari. Chi occupa, del resto, non è mai stato un amico.
Vicenza ha il diritto di difendersi; la voce delle decine di migliaia di persone che, il 5 ottobre scorso, hanno dichiarato la propria contrarietà alla nuova base statunitense attraverso la consultazione popolare non cadrà nel vuoto.
La faremo sentire forte agli statunitensi GIOVEDI' 30 OTTOBRE ore 20.30, con una nuova spignattata DAVANTI AI CANCELLI DELLA EDERLE, in V.le della Pace.
E la esprimeremo nelle strade limitrofe al Dal Molin – che vogliamo trasformare in un grande spazio pubblico –costruendo forme di vigilanza e di difesa municipale del nostro territorio.
Se qualcuno crede di poter mettere il bavaglio alla città di Vicenza fa un grosso errore; gli statunitensi devono sapere che l’eventuale apertura dei cantieri rappresenterà un danno innanzitutto per loro.
Da oltre due anni dedichiamo il nostro tempo alla difesa della nostra città; non ci hanno fermato i molteplici atti di autoritarismo, i tentativi di criminalizzarci, le denunce e i manganelli della polizia.
Non ci fermerà l’arroganza e la supponenza degli statunitensi: i nostri sogni faranno più strada delle loro ruspe.
Gli statunitensi hanno intenzione di dichiarare guerra alla città di Vicenza. La prima demolizione della settimana scorsa, a cui sono succeduti giorni di calma apparente, è il tentativo dei comandi militari a stelle e strisce di forzare la mano nel silenzio, calpestando la consultazione popolare con la quale decine migliaia di vicentini si sono espressi contro la nuova base militare.
In questi giorni molti camion hanno violato le ordinanze del comune di Vicenza che impediscono il transito di mezzi pesanti in V.le Ferrarin. Gli statunitensi, che hanno dato l'ordine di svolgere questi lavori, stanno agendo nell'illegalità. Le multe fatte dai vigili urbani sono doverose, ma non sono sufficienti a fermare l'illegalità di chi vuol imporre la nuova base militare.
Gli statunitensi si stanno preparando ad avviare i cantieri calpestando la democrazia che dicono di voler esportare; si dichiarano amici di Vicenza e gli dichiarano guerra, avviando i lavori in gran segreto. Noi torneremo con le nostre pentole davanti alla Ederle, giovedì 30 ottobre alle 20.30, per far sentire agli statunitensi l'indignazione di una comunità che si sente calpestata.
Non esiste compensazione che possa mitigare i danni prodotti dalla costruzione di una base militare; se il Presidente della Provincia, arrogandosi la rappresentanza di una città di cui non è sindaco, si approprierà del diritto di sedersi al tavolo della trattativa, non tarderemo a fargli sentire la nostra voce.
È tempo che gli statunitensi si rendano conto che l'imposizione della nuova base sarà controproducente prima di tutto per loro: se vorranno realizzarla, dovranno mandare la polizia ad aprirgli la strada. Non sarebbe una gran prova di democrazia in un paese che dichiarano loro amico.
NO DAL MOLIN!
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Sotto la neve pane. Sotto il cemento fame!