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03 novembre 2008

Perché le grandi opere non vanno mai in crisi?

Ragionamenti contraddittori quelli dei nostri governanti sostenuti dai mass media del pensiero unico.
Prima, tutto ciò che era publico era il male: statalismo, sprechi, spese improduttive... Invece, il bene assoluto era il mercato, il capitalismo: addirittura il mercato spontaneamente avrebbe dovuto risolvere i problemi del mondo come la disuguaglianza, la fame, il sottosviluppo... Bastava togliere gli impicci e il mercato avrebbe risolto tutto, attraverso il 'darwinismo compassionevole', che 'premia i migliori' senza però annientare quelli che non stanno al passo, 'i peggiori'.


Ora, con la crisi, per prima cosa è stato fatto ricorso alla spesa pubblica a favore delle banche con cifre enormi in euro e dollari per risanare il debito delle banche, gigantesco - in origine americano, e poi spalmato in tutto il mondo - frutto del bluff immobiliare e della guerra in Iraq e Afganistan.


Ora, quindi, dovremmo pagare noi, con i tagli alla scuola, alla sanità, ai servizi locali (cioè al reddito e al benessere di tutti in definitiiva) il loro debito. E il 'mercato che risolve tutto' è andato a farsi friggere, dato che non riesce più neanche a tenere in piedi se stesso.


In più, è in arrivo un'ondata di chiusura di fabbriche, esercizi commerciali, licenziamenti.... Anche quelli li dobbiamo pagare noi, ovviamente, i cittadini che lavorano e vivono del proprio salario - quando ce l'hanno e quando ci riescono.
Certo, la colpa è nostra, abbiamo 'vissuto al di sopra delle nostre possibilità'! Oppure è 'colpa degli immigrati', suona bene ed è anche comodo, così si scarica sempre la colpa sul più debole! Tutte favolette già sentite, comunque intanto ce le propinano perché c'è ancora chi ci casca.


Ma non bisognava rilanciare i consumi per rilanciare l'economia? E per rilanciare i consumi non bisognava dare più disponibilità di reddito alla gente comune? Ma come si fa, se invece ci tagliano i viveri, se ci sono sempre più precari, a rilanciare i consumi?


Ora, veniamo alle 'grandi opere'. Qui non si tratta di risparmiare, naturalmente, ma di 'investire per rilanciare l'economia'. Soldi non ce ne sono per le esigenze sociali, ma se è per i nostri speculatori i soldi si trovano, magari a debito, tanto se va male poi il debito lo 'spalmiamo' sui comuni mortali.


Infatti, se si 'rilancia l'economia', tutti staremmo meglio. Tutti, o almeno, loro. Infatti per un vero rilancio dell'economia bisogna non dare niente alla gente comune se no, poi si abituano e non lavorano più. Avendo il posto fisso e un buon reddito magari vivono 'al di sopra delle loro possibilità'. Se invece diamo ai ricchi, coi loro consumi rilanciano il mercato!

Nel caso in cui invece l'economia non si rilanci, e c'è la crisi, noi dobbiamo stare male, perché coi salari bassi siamo concorrenziali. Meglio se i nostri cittadini guadagnano poco, solo così si rilancia l'economia, si fa fronte alla concorenza della Romania o della Cina. Vedete che hanno sempre ragione i nostri manager! Infatti loro stanno sempre bene (eccolo il darwinismo!).


Lasciamo stare che quello delle grandi opere non è lo sviluppo che vogliamo, che vuol dire solo inquinamento cementificazione, attacco alla salute, distruzione del territorio e dei beni comuni. Lasciamo stare che la Terra fra poco è al collasso. Ma almeno, se soldi non ce ne sono, allora perché mai dovremmo rinunciare al nostro benessere quotidiano, alla salute e all'istruzione per 'investire' in grandi opere a favore di pochi e contro la nostra salute e qualità di vita?


Tutte queste domande sono troppo semplicistiche, solo l'economia perfetta di questi signori da 50.000 euro al mese funziona al di sopra delle contraddizioni e della nostra limitata comprensione. E avanti così fino alla barbarie! Mi raccomado, in fila, in silenzio e col grembiulino stirato!


Comitato Difesa Salute Territorio, 3 novembre 2008


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