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06 luglio 2009

[No dal Molin] 4 luglio: La ricostruzione dei fatti


Nella giornata dell’indipendenza Vicenza ha subito l’occupazione militare; di seguito una breve ricostruzione dei fatti che, partendo dalla vigilia della manifestazione, evidenzia la volontà di intimidire la città per tapparle la bocca...

1-2 luglio
. Il Dal Molin è ogni giorno più militarizzato; il cantiere è presidiato dai carabinieri, mentre l’intera area è sorvegliata da pattuglie della polizia e agenti in borghese. Il Presidio Permanente dichiara le proprie intenzioni: entrare nell’area che gli statunitensi vorrebbero trasformare in base di guerra per piantare migliaia di bandiere NoDalMolin. I residenti, nel frattempo, lamentano la crescente militarizzazione del quartiere e gli estenuanti controlli a cui sono sottoposti.

3 luglio. Il Giornale di Vicenza pubblica il suo scoop, una “notizia bomba”; secondo il quotidiano berico un carico di bombe a mano rubate una settimana prima in Slovenia sarebbe destinato al corteo del giorno successivo. Il giornalista non indica la fonte della notizia e sulla stampa italiana e slovena non c’è traccia di questo furto. La notizia, ovviamente, verrà smentita dai fatti, ma questo il quotidiano non lo riferirà ai suoi lettori.

Nel pomeriggio dello stesso giorno l’intera area nord della città si riempie di forze dell’ordine; i camion che trasportano in Presidio migliaia di bottiglie d’acqua e il palco che sarà montato nel prato verde vengono ripetutamente fermati per infiniti controlli che non portano a nulla. Un giornalista che entra in Via Ferrarin per girare un reportage viene fermato, identificato e multato.

4 luglio. Ore 10.00. I primi contingenti di forze dell’ordine si dispongono, diversamente dalle manifestazioni precedenti e da quanto annunciato dal questore, all’esterno del Dal Molin, lungo la strada che dovrebbe percorrere il corteo.

Ore 11.00. I vigili del fuoco calano una barca nel fiume che costeggia il lato nord del cantiere statunitense. I pullman in partenza da molte città vengono fermati per infiniti controlli; alcuni non giungeranno mai a Vicenza.

Ore 12.00. A 50 metri dal Presidio Permanente, lungo l’argine che costeggia il Dal Molin e su Ponte Marchese si schiera il Tuscania, unità dei carabinieri che ha combattuto in Afghanistan. Proprio all’imbocco del ponte viene piazzato un blindato con il rosto sul paraurti anteriore e i lancilacrimogeni.

Ore 12.30. Via S. Antonino viene chiusa al traffico. Lungo la strada si schierano un migliaio di uomini con manganelli e maschere antigas accompagnati da decine di blindati. Tutte le strade laterali vengono chiuse e presidiate da ingenti forze. del Dal Molin, i blindati si parcheggiano sopra gli alberelli piantati due anni fa dai vicentini, calpestandoli.

Ore 13.00. Non viene permesso ai pullman turistici di percorrere via S. Antonino; il tragitto era stato definito in accordo con l’amministrazione comunale e la questura, ma le forze dell’ordine sbarrano la strada ai pullman dei manifestanti.

Ore 13.15. Viale dal Verme viene chiusa. La strada, su cui dovrebbe transitare il corteo, viene interrotta da due blindati che si schierano di traverso e da decine di agenti. È ormai evidente che il corteo non può transitare in strada S.Antonino e proseguire lungo il percorso autorizzato. Sull’argine, i carabinieri del Tuscania indossano i caschi nonostante manchino due ore alla partenza del corteo.

Ore 13.30. Il Presidio Permanente denuncia l’impossibilità di manifestare pacificamente in via S.Antonino dove le forze dell’ordine sono schierate in un modo che rende evidente la volontà di creare una trappola in cui far infilare il corteo e intimidire la città. Due elicotteri sorvolano costantemente a bassa quota l’area.

Ore 14.00. Il Presidio Permanente chiede che le forze dell’ordine siano ritirate dal percorso del corteo perché esso possa sfilare liberamente e pacificamente. Colonne dei carabinieri passano costantemente davanti al tendone di ponte Marchese ad alta velocità, nonostante in strada ci siano i primi manifestanti che si preparano a spostarsi verso Ponte Marchese.

Ore 14.30. Strada S. Antonino ha un aspetto surreale. La circolazione è chiusa e ovunque ci sono forze dell’ordine in assetto antisommossa e mezzi blindati. Molti di essi si schierano all’interno del parcheggio di un distributore, ad “attendere” il corteo.

Ore 15.00. Inizia a formarsi il corteo in Via M.T. Di Calcutta. Migliaia di persone raggiungono il luogo di partenza della manifestazione nonostante i tanti limiti imposti alla mobilità dei cittadini. A ponte Marchese ai carabinieri si aggiungono alcuni rinforzi della celere che si schierano di traverso sulla strada che dovrebbe percorrere il corteo, bloccandola.

Ore 15.45. Il corteo parte. Si rinnova la richiesta affinché sia garantita la possibilità di percorrere il percorso autorizzato pacificamente e senza la presenza minacciosa di centinaia di uomini in assetto antisommossa a circondare il corteo.

Ore 16.15. Il corteo raggiunge il Presidio Permanente e si ferma. Il Questore rifiuta di far transitare il corteo sul suo percorso autorizzato e smentisce di aver dichiarato, alla vigilia, che la manifestazione avrebbe potuto svolgersi liberamente. Il corteo rifiuta di entrare nella trappola costruita da Sarlo, volta a intimidire e impaurire chi vuol difendere la propria terra.

Ore 16.45. Di fronte al rifiuto della Questura di lasciar svolgere la manifestazione, una testa di alcune centinaia di persone autoprotetta da barriere che riportano la caricatura di Obama e caschi prova ad avanzare per permettere al corteo di proseguire senza minacce. Appena le barriere vengono poste di fronte ai carabinieri, quest’ultimi caricano con molte manganellate e alcuni lacrimogeni urticanti. Le barriere e i caschi fanno si che, al termine della giornata, non ci saranno feriti.

Al Presidio, intanto, si raggruppano migliaia di persone determinate a proseguire il corteo e in attesa che il diritto a sfilare sia garantito.

Ore 17.30. Le forze dell’ordine si ritirano dalle strade laterali al percorso autorizzato e la celere libera Ponte Marchese. Il corteo può ripartire. Decine di donne fanno cordone davanti ai carabinieri del Tuscania che, maschera antigas al volto e manganello in mano, vedono sfilare il corteo alle spalle delle donne.

Ore 19.00. Il corteo si conclude sotto un forte temporale. Il Questore ha mostrato ancora una volta il suo volto violento, schierando un apparato militare gigantesco per impaurire le famiglie che si ostinano a osare la speranza. L’apparato repressivo ha impedito alle donne e agli uomini di piantare le proprie bandiere al Dal Molin, ma ha anche mostrato il modo in cui si vuol realizzare la base statunitense: con l’imposizione e l’uso della forza. Il corteo, d’altra parte, ha dimostrato la propria determinazione a non lasciarsi sbarrare la strada da chi avrebbe voluto vietare lo svolgimento della manifestazione.

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1 commento:

Sotto la neve pane. Sotto il cemento fame!