Il nuovo “Codice ambientale”, approvato dal governo con la scusa della semplificazione normativa, compromette ulteriormente la difesa dell’ambiente e delle persone. Italia sempre peggio.
Le modifiche al “Codice dell’ambiente”, presentate dal Ministro dell’Ambiente, sono state approvate in via definitiva dal Consiglio dei Ministri. Modifiche giustificate da esigenze di semplificazione e dalla necessità di coniugare ambiente e sviluppo economico. Motivazione palesemente strumentale, che rappresenta la foglia di fico della cultura antiambientale che caratterizza questo Governo. A riguardo basterebbe citare i 38 procedimenti attivati dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia, per violazioni che riguardano norme ambientali.
Storicamente, il legislatore italiano sull’ambiente si è caratterizzato per la lungaggine nei tempi di recepimento delle norme comunitarie, e per l’assenza di sanzioni, realizzando il più scolastico esempio di legge inefficace: “tu non puoi fare questo ma se lo fai, non succede niente”.
Oggi ci si affida ai Testi Unici, cioè raccolte di norme dedicate a ogni singola macro-materia, imitando gli act dei paesi anglosassoni. Contrariamente a quanto molti commentatori affermano sulle modifiche apportate, i Principi di “precauzione”, “prevenzione”, “chi inquina paga” e “sviluppo sostenibile“ sono stati elaborati circa 30 anni fa. Furono inseriti nelle integrazioni al Trattato di Roma, con l’Atto Unico del febbraio 1986 (ratificato con legge 909/86), che introdusse un nuovo Titolo autonomo, il VII, con tre nuovi articoli che fanno riferimento ai quattro Principi, richiamati nel Codice Ambientale modificato. Le attuali modifiche riguardano nella prima parte i quattro principi richiamati e, pertanto, riguardano null’altro che il pistolotto iniziale.
Nella seconda parte si mette mano alla Valutazione Impatto Ambientale (Via), alla Valutazione Ambientale Strategica (Vas) e all’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia). L’Aia è il risultato di un percorso di analisi volto a individuare l’assetto impiantistico e produttivo, che combina controllo combinato delle emissioni aria-acqua-suolo, riferimento a standard tecnologici e gestionali di settore, valutazione delle condizioni locali. continua
Storicamente, il legislatore italiano sull’ambiente si è caratterizzato per la lungaggine nei tempi di recepimento delle norme comunitarie, e per l’assenza di sanzioni, realizzando il più scolastico esempio di legge inefficace: “tu non puoi fare questo ma se lo fai, non succede niente”.
Oggi ci si affida ai Testi Unici, cioè raccolte di norme dedicate a ogni singola macro-materia, imitando gli act dei paesi anglosassoni. Contrariamente a quanto molti commentatori affermano sulle modifiche apportate, i Principi di “precauzione”, “prevenzione”, “chi inquina paga” e “sviluppo sostenibile“ sono stati elaborati circa 30 anni fa. Furono inseriti nelle integrazioni al Trattato di Roma, con l’Atto Unico del febbraio 1986 (ratificato con legge 909/86), che introdusse un nuovo Titolo autonomo, il VII, con tre nuovi articoli che fanno riferimento ai quattro Principi, richiamati nel Codice Ambientale modificato. Le attuali modifiche riguardano nella prima parte i quattro principi richiamati e, pertanto, riguardano null’altro che il pistolotto iniziale.
Nella seconda parte si mette mano alla Valutazione Impatto Ambientale (Via), alla Valutazione Ambientale Strategica (Vas) e all’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia). L’Aia è il risultato di un percorso di analisi volto a individuare l’assetto impiantistico e produttivo, che combina controllo combinato delle emissioni aria-acqua-suolo, riferimento a standard tecnologici e gestionali di settore, valutazione delle condizioni locali. continua
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