Un mostro, un’impresa Godzilla, anzi un’Imprezilla. Questo è il titolo di Carta settimanale in edicola da venerdì 1 maggio, su un bel disegno di un mostro meccanico che mastica terra e natura. Di Impregilo si è riparlato a proposito dell’ospedale dell’Aquila, e la magistratura indaga. Anche la magistratura di Napoli indaga, sulla lunga e dolorosa [per i cittadini] gestione di rifiuti. Per la Tav che perfora l’Appennino tosco-emiliano, al Mugello, invece, la magistratura ha già condannato Impregilo: i danni ambientali sono stati tanto gravi, che perfino in Italia sono diventati un reato. Sull’enorme ritardo dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria la mega-impresa di costruzioni non ha pagato dazio, e neppure per le inchieste sulle infiltrazioni mafiose. Sul Ponte di Messina è in attesa fiduciosa degli appalti, che invece ha ottenuto per il Passante di Mestre, per il Mose di Venezia e per la futura Pedemontana, l’autostrada killer del lombardo-veneto. Si potrebbe continuare a lungo. E che dire delle «grandi opere» già realizzate in giro per il mondo o che pendono come una minaccia? Un tempo proprietà della Fiat, poi della famiglia Romiti [i due figli di Cesare sono sotto inchiesta a Napoli], oggi Impregilo appartiene – con quote del 33 per cento ciascuno – a Benetton, Ligresti e Savio. Mancano solo Caltagirone e De Benedetti, e il panorama sarebbe completo. Sono loro, i padroni del vapore [del cemento e dell’asfalto], sempre gli stessi, che decidono di fatto quella che i politici chiamano «politica delle infrastrutture», la spina dorsale del paese, quel che gli permetterebbe di «competere» e di «crescere».
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Sotto la neve pane. Sotto il cemento fame!